Gli Enti del Terzo Settore

Come già accennato in precedenza, la Riforma del Terzo Settore e il Codice del Terzo Settore individuano 7 tipologie differenti di Ente di Terzo Settore ognuna delle quali ha delle proprie specificità: Organizzazioni di volontariato; Associazioni di promozione sociale; Enti filantropici; Reti associative; altri Enti del terzo settore; Imprese Sociali, comprensive delle Cooperative sociali; Società di mutuo soccorso. Conoscerle è l’unico modo per orientarsi e trovare la forma più adatta alle proprie attività.

Nello specifico, le Organizzazioni di volontariato (ODV) possono essere costituite sola da associazioni riconosciute e da associazioni non riconosciute e richiedono la presenza di volontari di almeno due volontari ogni dipendente o lavoratore autonomo. Una Odv deve essere costituita da un numero minimo di 7 persone fisiche o e – in caso di soci soggetti giuridici – almeno 3 Odv. Se questo requisito viene meno, c’è tempo un anno per reintegrare la base associativa o iscriversi in un’altra sezione del registro unico nazionale del terzo settore. Se il termine non viene rispettato, l’ente ne viene direttamente cancellato.

Le Odv possono svolgere le seguenti attività:

– attività di interesse generale in modo esclusivo o prevalente (e caratterizzante);

– attività diverse in via accessoria e non prevalente;

-raccolta fondi per le attività di interesse generale;

– raccolta fondi speciali svolte senza l’impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità di mercato: vendita (senza intermediari) di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito a fine di sovvenzione; cessioni di beni prodotti dagli assistiti e dai volontari, a patto che la vendita sia curata direttamente dall’organizzazione; somministrazione di alimenti e bevande in occasione di raduni, manifestazioni, celebrazioni e simili a carattere occasionale;

– gestione del proprio patrimonio, mobiliare e immobiliare.

Inoltre, le Odv devono svolgere le proprie attività di interesse generale avvalendosi principalmente di volontari, i quali non possono essere in nessun caso retribuiti. Possono avvalersi di lavoratori (dipendenti, autonomi o di altra natura) esclusivamente nei limiti necessari al loro regolare funzionamento oppure nei limiti occorrenti a qualificare o specializzare l’attività svolta. In ogni caso, il numero dei lavoratori non può essere superiore al 50% del numero dei volontari. I componenti degli organi sociali, invece, non possono mai essere retribuiti, eccezion fatta per i membri dell’organo di controllo.

Si differenziano delle Odv le Associazioni di promozione sociale (APS), in quanto la principale differenza consiste nel fatto che la prime non svolgono le loro attività né esclusivamente né prevalentemente a favore dei propri soci.

In particolare, le Associazioni di promozione sociale sono costituite in forma di associazione, riconosciuta o meno, che svolge attività di interesse generale a favore dei propri associati (in forma esclusiva o meno), i loro familiari o a terzi. Si avvalgono prevalentemente dell’attività volontaria dei propri associati o delle persone aderenti ai propri enti associati. Si tratta di associazioni formate da almeno 7 soci persone fisiche o da almeno 3 soci che siano a loro volta Aps. La base associativa può essere costituita anche da altri enti del terzo settore o senza scopo di lucro a condizione che sia specificato nell’atto costitutivo e solo se il loro numero non sia superiore al 50% del numero delle Aps.

Le Aps possono svolgere le seguenti attività (anche in forma di impresa):

– attività di interesse generale;

– attività diverse in via strumentale e secondaria e non prevalente;

– raccolta fondi per le attività di interesse generale;

– raccolta fondi speciali svolte senza l’impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità di mercato: vendita (senza intermediari) di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito a fine di sovvenzione; cessioni di beni prodotti dagli assistiti e dai volontari, a patto che la vendita sia curata direttamente dall’organizzazione; somministrazione di alimenti e bevande in occasione di raduni, manifestazioni, celebrazioni e simili a carattere occasionale;

– gestione del proprio patrimonio, mobiliare e immobiliare;

– somministrazione di alimenti e bevande, anche a fronte del pagamento di corrispettivi specifici, se si tratta di associazioni iscritte all’apposito registro per le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell’Interno;

– organizzazione di viaggi e soggiorni turistici.

Per queste ultime due voci, il vincolo è che si tratti di attività strettamente complementari a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, che siano rivolte ai propri soci e soggetti assimilati, che non vengano utilizzati strumenti pubblicitari o di diffusione di informazioni a soggetti terzi, diversi dagli associati.

È prevista la presenza di volontari. Sono loro che devono svolgere principalmente le attività di interesse generale e non possono essere in nessun caso retribuiti. A eccezione di questa regola generale, solo nel caso in cui ciò sia necessario per lo svolgimento dell’attività di interesse generale e il perseguimento delle finalità, le Aps possono ricorrere a lavoratori, dipendenti o autonomi o di altra natura, che possono essere anche soci dell’ente. Il numero dei lavoratori, in ogni caso, non può superare il 50% del numero di volontari o il 5% del numero dei soci.

Proseguendo nell’esame delle diverse tipologie, troviamo gli Enti filantropici e le Reti associative. Per quanto concerne i primi, gli Enti filantropici, si costituiscono sotto forma di associazione riconosciuta (quindi in possesso di personalità giuridica di diritto privato) o fondazione con la finalità di erogare denaro, beni o servizi, anche di investimento, a sostegno di categorie di persone svantaggiate o di attività di interesse generale. Il vincolo della personalità giuridica è dettato dalla necessità di avere un patrimonio adeguato. Gli enti filantropici possono erogare denaro, beni e servizi, anche di investimento a sostegno di categorie di persone svantaggiate e di attività di interesse generale. Le risorse economiche necessarie allo svolgimento della propria attività derivano principalmente da contributi pubblici e privati, donazioni e lasciti testamentari, rendite patrimoniali e attività di raccolta fondi da impiegare per il raggiungimento degli scopi statutari. Come per le organizzazioni di volontariato, per gli enti filantropici a queste attività se ne aggiungono delle altre che, se svolte senza l’impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato, non vengono considerate commerciali, e sono:

– attività di vendita di beni acquistati da terzi a titolo gratuito, curandone direttamente la vendita;

– cessione di prodotti dagli assistiti e dai volontari, a condizione che la vendita sia curata direttamente dall’organizzazione;

– somministrazione di alimenti e bevande in occasione di raduni, manifestazioni, celebrazioni e simili a carattere occasionale.

Inoltre, sono obbligati a redigere sempre il bilancio, qualsiasi siano i ricavi, proventi o entrate, e pubblicarli sul proprio sito internet. Gli enti filantropici nel bilancio sociale devono inserire l’elenco e gli importi delle erogazioni deliberate ed effettuate nel corso dell’esercizio e l’indicazione dei beneficiari diversi dalle persone fisiche.

Per quanto concerne le Reti associative, queste sono costituite in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, svolgono attività di coordinamento, tutela, rappresentanza, promozione o supporto degli Ets loro associati e delle loro attività di interesse generale, anche allo scopo di promuoverne ed accrescerne la rappresentatività presso i soggetti istituzionali. Le reti associative sono tali se associano, anche indirettamente attraverso gli enti ad esse aderenti, un numero non inferiore a 100 Ets o, in alternativa, almeno 20 fondazioni del terzo settore, le cui sedi legali o operative siano presenti in almeno cinque regioni o province autonome.

I rappresentanti legali ed amministratori delle reti associative non devono aver riportato condanne penali, passate in giudicato, per reati che comportano l’interdizione dai pubblici uffici. In caso contrario, non possono essere iscritte nel registro unico nazionale del terzo settore.

L’iscrizione, nonché la costituzione e l’operatività da almeno un anno, sono condizioni necessarie per l’accesso alle risorse del fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale nel terzo settore, che in ogni caso, non possono essere destinate, direttamente o indirettamente, ad enti diversi dalle organizzazioni di volontariato, dalle associazioni di promozione sociale e dalle fondazioni del terzo settore.

Le imprese sociali esercitano in via stabile e principale un’attività d’impresa di interesse generale; perseguono finalità civiche e solidaristiche, non abbiano scopo di lucro e pertanto limitino la quota di utili che è possibile redistribuire; adottano modalità di gestione responsabili e trasparenti; favoriscono il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attività. Il codice del terzo settore identifica una specifica sezione del registro unico nazionale del terzo settore dedicata alle imprese sociali, incluse le cooperative sociali. Possono essere qualificate come imprese sociali sia gli enti del Libro I del Codice civile (associazioni, fondazioni), sia gli enti del Libro V e quindi le società costituite ad esempio in forma di Srl o di Spa o le cooperative. Le cooperative sociali e i loro consorzi acquisiscono di diritto la qualifica di imprese sociali. A questi ultimi, si applica la disciplina dell’impresa sociale, quando non incompatibile con la normativa specifica. Ma non possono acquisire la qualifica di impresa sociale:

– le società costituite da un unico socio persona fisica: tali soggetti non possono nemmeno controllare direttamente o indirettamente le imprese sociali, né esprimerne il presidente;

– le amministrazioni pubbliche. La definizione è intesa in senso ampio, che include, tra l’altro: le aziende dello Stato a ordinamento autonomo; i consorzi e associazioni di regioni, province, comuni e comunità montane; le università; gli istituti autonomi case popolari; le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e le loro associazioni; le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale;

– gli enti i cui atti costitutivi limitino, anche indirettamente, l’erogazione dei beni e dei servizi in favore dei soli soci o associati.

Deve esercitare l’attività di impresa in modo stabile e prevalente e operare per una quota pari ad almeno il 70% dei ricavi in attività di interesse generale, o anche svolgere attività diverse laddove attraverso di esse siano inseriti almeno il 30% di lavoratori svantaggiati.

La maggioranza delle persone che operano nell’impresa sociale lo deve fare nell’ambito di un rapporto di lavoro: i volontari, quindi, devono essere minoritari. L’impresa sociale deve favorire il coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri stakeholder attraverso meccanismi consultivi e/o partecipativi, statutariamente previsti. Il coinvolgimento deve essere effettivo, e quindi prevedere meccanismi di consultazione o partecipazione che consentano a tali soggetti di esercitare un’influenza sulle decisioni dell’impresa sociale, e soprattutto su quelle che incidono sulle condizioni di lavoro e sulla qualità dei beni o dei servizi. Inoltre, l’impresa sociale deve assicurare ai lavoratori un trattamento economico non inferiore a quello previsto nei contratti collettivi di lavoro e prevedere una differenza retributiva tra dipendenti che non superi il rapporto uno a otto, documentando come tale parametro sia effettivamente rispettato.

Per concludere, Le Società di mutuo soccorso, costituite come società senza finalità di lucro, perseguono finalità di interesse generale attraverso l’esclusivo svolgimento in favore dei soci e dei loro familiari conviventi di alcune attività, tassativamente elencate dalla legge.

Le attività prestate dalle società di mutuo soccorso sono esclusivamente:

– erogazione, anche attraverso l’istituzione o la gestione di fondi integrativi del servizio sanitario nazionale, di trattamenti e prestazioni sociosanitari nei casi di infortunio, malattia, inabilità temporanea o permanente e invalidità al lavoro;

– erogazione, anche attraverso l’istituzione o la gestione di fondi integrativi del servizio sanitario nazionale, di sussidi per spese sanitarie relative alle malattie e agli infortuni;

– erogazione di servizi di assistenza familiare o di contributi economici ai familiari dei soci deceduti;

– erogazione di contributi economici e di servizi di assistenza ai soci che si trovino in condizione di gravissimo disagio economico a seguito dell’improvvisa perdita di fonti reddituali personali e familiari e in assenza di provvidenze pubbliche.

Inoltre, le società di mutuo soccorso possono promuovere attività di carattere educativo e culturale dirette a realizzare finalità di prevenzione sanitaria e di diffusione dei valori mutualistici e non possono svolgere attività di impresa.

Possono divenire soci ordinari le persone fisiche, ma anche altre società di mutuo soccorso, a condizione che i membri persone fisiche di queste siano beneficiari delle prestazioni rese dalla società, nonché dei fondi sanitari integrativi in rappresentanza dei lavoratori iscritti. Gli amministratori di una società di mutuo soccorso debbono essere scelti tra i suoi soci.

Jamila Amari

Volontaria in Servizio Civile